Estate ‘80
Francesco Taddia
Il lungo corridoio appare insolitamente vuoto.
Roberto è abituato a ben altro. Carri bestiame stipati all’inverosimile,
traboccanti di esseri umani. Mandrie di ragazzetti che bivaccano allegramente
lungo le carrozze. Intere famiglie che occupano i sedili di moquette
polverosa, trasformando gli scompartimenti in salotti improvvisati.
Per maggiore comodità le scarpe vengono messe da parte, con il
risultato che tra formaggio stagionato ed effluvi di estremità,
l’atmosfera spesso si fa pesante.
I viaggiatori abituali finisci per conoscerli tutti, almeno di vista.
Ci sono quelli che utilizzano la linea solo nel fine settimana, quando
fanno ritorno al paese di origine. Carichi di borse borselli sporte
sacchetti e cesti al venerdì sera quando partono, ancora più
carichi alla domenica quando fanno ritorno. Appena salgono in carrozza
ostruiscono completamente il corridoio e, prima di sistemarsi nello
scompartimento, sono ormai a metà del viaggio.
Oggi è sabato ed è appena cominciato il mese di agosto.
Ma di turisti è molto raro incontrarne, perlomeno su questo treno.
Roberto si toglie il cappello e con un fazzoletto raccoglie il sudore
che scende a piccole gocce dalla fronte. “Che caldo con questa
divisa addosso, non si respira. Non vedo l’ora di arrivare a Bologna!”
Una sosta di quaranta minuti.
“Giusto il tempo per bere qualcosa di fresco al bar della stazione
con qualcuno dei ragazzi”.
Al di là del vetro scorre veloce la campagna. Arida e assetata.
I campi squadrati e cesellati come in un quadro. Una pennellata di verde
di qua, una mano di giallo paglierino dall’altra parte. Le piante
di granoturco alte e slanciate in attesa della trebbiatura.
Roberto si incanta nel rimirare la pianura piatta e regolare che, come
tutti i giorni, passa sotto i suoi occhi.
“Viaggiare in treno vuol dire viaggiare sul serio”, pensa
tra sé e sé. “E’ facile dire sono stato in
America o in Africa. Con l’aereo ti siedi in poltrona e nel giro
di qualche ora ti ritrovi dall’altra parte del mondo. Ma senza
vedere il paesaggio che cambia, senza le fermate e la gente che sale
e che scende. In auto, invece, sei troppo occupato a seguire la strada
e i segnali per accorgerti di quello che ti circonda. Con il treno è
tutto diverso!”
Conosce a memoria questa tratta, da oltre vent’anni frequenta
questi luoghi. Ma non si è stancato di osservare ciò che
lo circonda. Neppure la strana fauna che incontra lungo le carrozze.
Sempre uguale, eppure ogni giorno un poco diversa. Qualche metro più
avanti, lungo il corridoio, due giovani parlano tra loro. La ragazza
sorride dolcemente mentre Roberto controlla il suo biglietto.
«Grazie signorina». Le trecce bionde fanno da cornice a
un viso dai lineamenti dolci e rilassati, da bambina.
Apre la porta di uno scompartimento: «Biglietti prego!»
Un signore distinto in compagnia della moglie estrae prontamente due
tesserini.
Mentre la mano scorre rapida sul taccuino, Roberto alza lo sguardo oltre
il finestrino e scorge in lontananza il colle di San Luca. Tra poco
il treno arriverà a Bologna. Sono le ultime ore di lavoro, poi
sarà tempo di ferie anche per lui. Potrà godersi la città
deserta. Ne sente già nell’aria il caldo appiccicoso. Prenderà
la bicicletta la mattina presto, passerà dall’edicola vicino
a casa per comperare il Carlino poi, via ,per le strade del centro.
Non desidera nulla di più di questo. Le ferie le ha sempre passate
a casa. “Viaggio tutto l’anno. Almeno in agosto posso riposarmi
un po’”.
Bologna! Stazione di Bologna!
L’annuncio dell’altoparlante scuote anche gli ultimi passeggeri
ancora seduti.
“Le 10 e 20. In ritardo, come sempre!”
Roberto sorride consultando l’orologio. Il piazzale è pieno
di gente in partenza per le ferie. Anche la sala d’aspetto è
tutta affollata. Aspetta che una signora anziana scenda dalla scaletta
e le porge la minuscola valigia.
Vede passare un gruppo di colleghi e apre la bocca per chiamarli.
Un boato tremendo ricaccia in gola la sua voce.
Poi è solo silenzio.