Ricordi di liceo (scientifico)
Pietro Rava
Iniziava il terzo anno, grande festa con i compagni ritrovati dopo le
vacanze estive, qualcuno nuovo, ripetente o trasferito. Anche alcune
materie erano nuove e tra queste fisica, libro non molto spesso, solo
orale, un’autentica sciocchezza di fronte al latino e alla matematica.
Quindi, una scrollatina di spalle e qualche battuta dei più esperti
pseudo-sapienti del tipo: «E’ un panino, ce lo mangiamo
in un attimo».
Qualcuno aveva ricordato che la stessa battuta era stata pronunciata
l’anno prima, all’inizio di una prova scritta di matematica
che era finita con una serie interminabile di 2 e 3, ma tutto si dimentica
in fretta.
Prima sorpresa alla prima lezione: l’insegnante non era quello
conosciuto di matematica che fino all’anno precedente “faceva”
anche fisica.
Per una sperimentazione introdotta nel frattempo il docente di matematica
insegnava in due corsi solo matematica e l’altro, molto temuto,
insegnava fisica in entrambi i corsi in parallelo e quindi anche nel
nostro.
Prime spiegazioni, silenzio d’altri tempi e disattenzione per
pensieri sognanti e vaganti con occhi attenti alle grazie delle compagne
di classe poi, senza preavviso, un bel giorno (si fa per dire) il professore
apre il registro e mentre scorre con l’indice l’elenco dei
nomi dice: «Oggi interrogo».
Pochi secondi di apnea poi tocca a me.
Alcune domande, risposte generiche, nessun suggerimento. «Vai
a posto, 4».
Momento di riflessione poi la decisione: sarà meglio non dire
a casa, per ora, che il professore di fisica è diverso da quello
di matematica così si salta un’udienza poi, finito il primo
turno di interrogazioni studio e rimedio.
Passano due settimane poi il professore si ripete: «Oggi interrogo».
Volti preoccupati, scongiuri diffusi, io tranquillo: ero già
stato interrogato!
L’indice scorre sull’elenco dei nomi: di nuovo io.
Rendendomi conto dell’ingiustizia mi avvio e rapidamente rimedio
il solito 4.
Dal giorno successivo decido che la prima materia da studiare è
fisica per poter rimediare brillantemente.
Ma le settimane passano, l’ulteriore occasione non arriva, la
fine del quadrimestre si avvicina.
Mi faccio coraggio e timidamente chiedo se posso essere interrogato.
Occhiate al temuto registro e risposta agghiacciante: «Hai già
due voti, per questo quadrimestre basta».
Quindi 4 sulla pagella per il resto discreta, dose massima di rimproveri
ed occhiatacce casalinghe.
Questo non mi ha fatto odiare la fisica né il docente, è
stata una salutare lezione di vita; infatti mi sono poi laureato in
una facoltà (matematica), che comprendeva molti esami di fisica
nella quale poi mi sono anche abilitato.
Ho ancora incontrato l’insegnante che teneva brillanti corsi di
preparazione per concorsi a cattedre e, successivamente, come dirigente
scolastico, ho avuto come ottima docente la figlia; per l’occasione
ho nuovamente incontrato il papà con i capelli ormai argentei,
ma sempre brillante e caustico come rimarrà nei ricordi miei
e dei cari compagni di classe.