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I veribiglietti
Michela Guidi


Tutto ebbe inizio quando la nuova tabaccaia del paese, tale Pandora Vasi, venuta chissà da dove, attaccò sulla porta del negozio il cartello: “Qui si vendono veribiglietti”. La signora Pistelli, vistosa consorte del sindaco, più firmata di un plico di cambiali, fu la prima ad acquistarne uno. Una mattina di dicembre varcò la soglia della tabaccheria e chiese con sussiego il nuovo prodotto pubblicizzato in vetrina. «Ma è un semplice cartoncino d’auguri natalizio!» commentò delusa vedendosi porgere un biglietto di rugosa carta giallina, privo di decorazioni e del tutto poco elegante. «Le qualità del veribiglietto non sono apprezzabili nell’immediato, signora - spiegò pazientemente la tabaccaia - ma esplicano la loro funzione solamente il giorno di Natale. Diciamo che veicolano in maniera portentosa i contenuti espressi dal firmatario». «Perfetto! Adoro queste raffinatezze! Me ne dia una scatola intera» concluse la Pistelli soddisfatta, estraendo dal portafoglio la carta di pluricredito incrostata di microsmeraldi.
Nel giro di pochi giorni l’intera cittadinanza transitò incuriosita per il negozio e in men che non si dica i veribiglietti andarono esauriti. Ne comprò uno perfino Matteo, di soli sei anni, che voleva qualcosa di speciale per la sua mamma.
La mattina del 25, quando i cartoncini entrarono in funzione, si videro decine di pacchi volanti non identificati fendere l’aria cristallina, pervasa da litanie non propriamente angeliche e martoriata dalla prima grandinata di cappelletti della storia. Il personale del Pronto Soccorso (o meglio, la piccola parte che quella mattina riuscì a recarsi al lavoro) dovette fare gli straordinari, destreggiandosi fra contusioni da torrone classico alle mandorle, soffocamento da agglomerati di carta giallina e falliti tentativi di impiccagione mediante ghirlande argentate e fili di luci colorate.
“Un pensiero per un’amica bellissima!” aveva scritto la signora Pistelli alla fioraia, omaggiandola di un prodotto per il viso di ultima generazione. Peccato che la destinataria lesse “non sperare nel miracolo, ma iscriviti ad un concorso per Befane!”. “Buon Natale al figlio migliore che si possa desiderare!” fu la frase scelta dal gommista, che si trasformò in un bel “se tornassi indietro mi taglierei le p…!”. “Spero che l’anno nuovo porti la realizzazione dei tuoi sogni!” augurò il bancario al collega, che incassò stupefatto uno “scordati la promozione, mi sono già lavorato il capo!”. “Grazie per questi venti Natali trascorsi insieme!” scrisse infine il sindaco alla moglie, che si sentì leggermente mancare dopo aver letto “e per i venti Capodanni passati con la segretaria!” e perse totalmente i sensi quando la fioraia le fece recapitare per direttissima venticinque mazzi di crisantemi ammuffiti con tanto di verme penzolante.
Il 27 dicembre una variegata processione di miseranda umanità, con il sindaco in testa, si diresse in assetto di guerra verso la tabaccheria, decisa a chiedere danni per migliaia di euro. Ma la porta era sprangata e il negozio completamente vuoto.
Fra i pochi che rimasero a casa ci fu la mamma di Matteo, intenta a leggere e rileggere il primo biglietto di auguri scrittole dal figlio: “Buon Natale mamma! Ti voglio bene!”.




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