PREMIO LETTERARIO PANCHINA

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123 pp. - 12 euro


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La blusa di voile

di Annamaria Sanguigni

 

Ha indossato una blusa trasparente di voile color senape, gli slip di pizzo color carne si confondono con il corpo nudo. Ha infilato i pantaloni di raso blu.
Mi sono svegliato a causa di uno scricchiolio.
Lei era seduta sul letto e mi voltava la schiena. Le scapole sporgevano nella magrezza delle spalle, i capelli neri ancora arruffati sul collo che era piegato in avanti.
Quella postura silenziosa e inquieta comunicava ansia e paura di spezzare il filo sottile che ci univa.
A quell’ora un po’ di luce già s’insinuava fra le tende leggere, ma il pesante silenzio che s’intuiva fuori, faceva pensare ancora alla notte.
L’ho guardata facendo finta di dormire, è stata ferma così per lungo tempo, poi appoggiando le mani al bordo del letto s’è alzata.
Il suo corpo bianco lo conoscevo bene, un tempo florido e possente, quando ci spogliavamo insieme all’inizio dei sogni. Lo volevo ancora senza dirlo più. Lei non vuole parole e gesti gentili. Una nebbia piena di incubi l’avvolge.
Lo specchio dell’armadio ha riflesso la sua magrezza e l’impalpabile estraneità che appartiene alla sua figura bellissima e con un solo capezzolo. Il suo capezzolo scuro e acerbo, pur nel trascorrere degli anni mi intenerisce come tutto di lei.
E’ andata in bagno e ha fatto rumore. Ha sbattuto lo sportellino dell’armadietto, ha lasciato scorrere l’acqua della vasca con gran fragore, ha tirato lo sciacquone tre volte. Non l’ho chiamata. Lei sa che la lascio andare. So, dove va ogni volta. Prende la linea blu che passa qui sotto di primo mattino, la fermata è di fianco alla lavanderia che è sotto il portico, a quell’ora poche persone immusonite costrette ad alzarsi presto.
Scende al capolinea vicino alla Fabbrica di dolciumi. Il viale alberato è pieno di gente che fa il primo turno. C’è sempre qualcuno che la saluta perché è bella e indossa spesso quella blusa di voile trasparente.

Sulla poltroncina, già dalla sera prima, aveva adagiato la camicia e i pantaloni.
L’ho guardata camminare verso la porta della camera per uscire dalla stanza eandare incontro a magie consolanti, verso gesti amari e forti che le regalano energia e illusioni.
Ha attraversato quello spazio con la schiena dritta e un andamento testardo, ondeggiava i capelli con fierezza infantile.
L’ho guardata aprire quella porta e l’ho lasciata andare.
L’ho guardata per imparare come si fa.

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