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La
blusa di voile
di Annamaria
Sanguigni
Ha indossato una
blusa trasparente di voile color senape, gli slip di pizzo color carne
si confondono con il corpo nudo. Ha infilato i pantaloni di raso blu.
Mi sono svegliato a causa di uno scricchiolio.
Lei era seduta sul letto e mi voltava la schiena. Le scapole sporgevano
nella magrezza delle spalle, i capelli neri ancora arruffati sul collo
che era piegato in avanti.
Quella postura silenziosa e inquieta comunicava ansia e paura di spezzare
il filo sottile che ci univa.
A quell’ora un po’ di luce già s’insinuava
fra le tende leggere, ma il pesante silenzio che s’intuiva fuori,
faceva pensare ancora alla notte.
L’ho guardata facendo finta di dormire, è stata ferma così
per lungo tempo, poi appoggiando le mani al bordo del letto s’è
alzata.
Il suo corpo bianco lo conoscevo bene, un tempo florido e possente,
quando ci spogliavamo insieme all’inizio dei sogni. Lo volevo
ancora senza dirlo più. Lei non vuole parole e gesti gentili.
Una nebbia piena di incubi l’avvolge.
Lo specchio dell’armadio ha riflesso la sua magrezza e l’impalpabile
estraneità che appartiene alla sua figura bellissima e con un
solo capezzolo. Il suo capezzolo scuro e acerbo, pur nel trascorrere
degli anni mi intenerisce come tutto di lei.
E’ andata in bagno e ha fatto rumore. Ha sbattuto lo sportellino
dell’armadietto, ha lasciato scorrere l’acqua della vasca
con gran fragore, ha tirato lo sciacquone tre volte. Non l’ho
chiamata. Lei sa che la lascio andare. So, dove va ogni volta. Prende
la linea blu che passa qui sotto di primo mattino, la fermata è
di fianco alla lavanderia che è sotto il portico, a quell’ora
poche persone immusonite costrette ad alzarsi presto.
Scende al capolinea vicino alla Fabbrica di dolciumi. Il viale alberato
è pieno di gente che fa il primo turno. C’è sempre
qualcuno che la saluta perché è bella e indossa spesso
quella blusa di voile trasparente.
Sulla poltroncina,
già dalla sera prima, aveva adagiato la camicia e i pantaloni.
L’ho guardata camminare verso la porta della camera per uscire
dalla stanza eandare incontro a magie consolanti, verso gesti amari
e forti che le regalano energia e illusioni.
Ha attraversato quello spazio con la schiena dritta e un andamento testardo,
ondeggiava i capelli con fierezza infantile.
L’ho guardata aprire quella porta e l’ho lasciata andare.
L’ho guardata per imparare come si fa.
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