PREMIO LETTERARIO PANCHINA

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123 pp. - 12 euro


EDIZIONE 2009
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Sotto la pioggia

di Laura Poletti

 

Piove, e io odio guidare sotto la pioggia: già ci vedo poco di mio, e in una nottata come questa la strada è solo un qualcosa di indistinto. E bui, visto che in questo tratto di autostrada c’è penuria di lampioni. Così guido più piano del solito: perlomeno non corro il rischio di prendere una multa, anche se non credo che ci sia un agente sotto la pioggia a scattare fotografie agli automobilisti. A questa velocità non sarò a casa prima di mezzanotte.
Avrei potuto dormire in albergo e partire con calma domani mattina, tanto era tutto pagato. E pensavo di farlo, non ti ho mentito quando ci siamo sentiti. Poi il lavoro è finito più presto del previsto, e quel pensiero fastidioso è tornato di nuovo a occuparmi la mente.
Sospetto: mi da fastidio, ma è l’unica parola adatta. E mi frulla in testa da tanto tempo, da quando mi sono resa conto delle battutine di Maura. Siamo amiche, ma non abbastanza per parlare in modo diretto di una questione del genere. E poi, cosa avrebbe potuto dirmi? Guarda che tuo marito ha un’amichetta, e se la fa con lei approfittando del fatto che il tuo nuovo lavoro ti porta fuori città tre giorni alla settimana? E allora non ha trovato di meglio che ricorrere alle allusioni.
Non è che io abbia capito subito, forse le sarò sembrata un po’ lenta. Ma è riuscita nel suo intento.
L’unica stazione radio che si sente in modo decente trasmette solo canzoni degli anni ottanta, e il fatto di conoscerle tutte mi fa sentire vecchia. E ora alla pioggia si è aggiunta la nebbia.
Però non mi sentivo una moglie tradita.
Poi ho cominciato a osservarti meglio, e a cogliere qualche particolare. I messaggi che arrivano sul tuo cellulare a volte, e il tuo rispondere alla mia richiesta di sapere chi ti scrive con un generico “un collega, uno nuovo, uno che non conosci”.
Alla fine, non è che di colleghi uomini tu ne abbia tanti, mentre di colleghe nuove e giovani ne sono passate già un bel po’. E hai smesso di parlarmi di loro, come se non volessi toccare un tasto delicato. E non ti arrabbi nemmeno più quando devo stare fuori qualche giorno, prima erano musi lunghi, ora mi accogli con un bel sorriso quando ritorno e mi dici che ti sono mancata.
Ho provato a parlare con mia sorella, e mi ha guardato come se vedesse un marziano: un tradimento da te, l’uomo che tutte le donne vorrebbero come marito? Manco a parlarne.
E me ne ero quasi convinta anche io, finché non ho visto la nuova collega che ti hanno affiancato: bella e, soprattutto, giovane.
E allora ho ricominciato a pensarci, a guardati con occhi diversi: fai ancora la tua bella figura, nonostante i prossimi siano quaranta, ti tieni in forma e ci sai fare con le persone. Le donne in particolare. Lo hai sempre fatto, ma non ci avevo mai dato peso, ero sicura di me e di te. E invece questa sera il sospetto è ritornato più forte. Avrei potuto godermi una cena emiliana e un letto comodo, e invece mi sono messa in viaggio con un tempo infame, inventandomi un impegno poco credibile, a vedere le facce dei miei colleghi.
Sono arrivata e per miracolo ho trovato un posteggio sotto casa: forse è solo per il fatto che è l’una passata, e non c’è più nessuno in giro. Le luci di casa sono spente, anche quella della camera da letto. Buon segno, tu ami tenere la luce accesa. Sempre che non vi siate già addormentati. Infilo la chiave nella toppa, sperando di non fare troppo rumore. Se ti troverò da solo farò finta di averti preparato una sorpresa, altrimenti ci sarà una sorpresa per me.
All’autogrill ci sono solo camionisti, ma è l’unico posto aperto. Ancora qualche ora e mi presenterò a casa, giusto dopo che tu sarai uscito per andare al lavoro. Mi chiedo cosa avrei fatto se non ti avessi trovato da solo. Ne sarebbe venuta fuori una scena da filmetto squallido, magari con soprammobili che volano e piatti rotti, lacrime e disperazione. E ho deciso che non faceva per me.

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